Riti d'assaggio, di passaggio e tentativi ferrati di pazienza: uova e galline.
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Uova gallinate/Galline ovattate |
Qualche giorno fa, del tutto casualmente, ho rivisto una cara amica, guida e compagna di percorsi formativi in una delle mie vite precedenti, vissute in questa vita. È, del resto, sempre stimolante fare i conti con gli effetti del tempo che cambia le circostanze e modifica gli assetti. Abbiamo chiacchierato piacevolmente, come sempre e, come sempre, mi è rimasta cucita quella sensazione tanto familiare del tempo che è passato senza lasciarmi neppure un avvertimento. Fa sempre così, il mio tempo: descrive scenari nei quali dovrei essere protagonista consapevole e, invece, mi percepisco estranea in vita mia. Bisognerà che mi abitui, prima o poi. Forse!
Nel frattempo è arrivata la Pasqua, e anche la Pasquetta, e sono scivolate via veloci entrambe, in questo calendario ricorrente, un po' disordinato e spesso vorticoso. Mi incuriosiscono molto, i riti di passaggio: sono un volano di suggestive analisi e illusorie ricerche che, se pure non producono risposte né risolvono scoperte, almeno occupano un paragrafo rilevante nel manuale delle tradizioni popolari, culturali e socio-esistenziali. Così, mi sono lasciata prendere dal folletto delle sperimentazioni pasticciate, in cucina. Un po' di leggerezza, un pizzico di fantasia, qualche spunto carino qua e là et hoplà, la pozione è presto fatta. Tra l'ancestrale passar oltre dell'etimologia pasquale e l'atavico interrogativo evoluzionista del primato dell'uovo o della gallina, sinergia di potenza ed atto, prerogativa di sillogismi e irrisolti arcani esistenziali, ecco, forse, alle volte, le sovrapposizioni sono una soluzione: uovo gallinato/gallina ovattata. La sintesi, intesa come univoca e decisiva scelta, non è una strada che io riesca mai a praticare agevolmente: finisco sempre con il perdermi tra gli arzigogoli fantasiosi e stravaganti del pensiero.
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