martedì 29 luglio 2014

« [...] Se ho ali per volare...» Y ... Se equivocó la paloma, se equivocaba!

Contrapposizioni emozionali tra cornici che racchiudono un secondo piano velato di un primo piano nascosto: bordi, orizzonti  ed onde.

 « Pensavano che anche io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. 
Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni.» 
Frida Kahlo.

Arte e pittura
" Autoritratto con vestito di velluto", Frida Kahlo (1926).

Olio su tela, cm 79,7 x 59,9.

Collezione Privata, © Banco de México

Diego Rivera & Frida Kahlo Museums Trust, México

Lungo i corridoi che confinano con ampie sale, il mondo onirico appare nella sua agghiacciante realtà di contrapposizioni velate e miscelate. 
I passi sordi che rimbombano di tacchi non gommati; il freddo cieco dell'impianto di condizionamento, che intorpidisce il collo di lana; il silenzio angusto di un ambiente privato, troppo intimo per essere attraversato.
Mi fermo, guardinga e rispettosa, tra le pieghe di quelle emozioni raggelanti. 
Quella fastidiosa sensazione di disagio che mi invade quando non vorrei fare ciò che sto facendo, che non sfocia nell'imbarazzo, ma lo accarezza lungo il suo bordo di confine.
Sospiro pensosa e, tra me e me, mi impongo di continuare: bisogna pur uscire in qualche modo dal labirinto delle situazioni che tendono a impaludire  i passi incerti dei nostri movimenti.
Un passo avanti, un passo avanti, anche un mezzo passo indietro, tra un passo avanti e l'altro passo avanti, è concesso: ma mai, mai rimanere immobili per troppo tempo.
Anche il giusto tempo è concesso: quello necessario per riprendere fiato, valutare il contesto e agire. 
Un passo avanti, un passo avanti, un mezzo passo indietro, un passo avanti:  fossero anche brevi e faticosi, impercettibili movimenti, ma mai l'immobilismo.

Se equivocó la paloma

                                                                                                             por Rafael Alberti
Se equivocó la paloma,
 se equivocaba
por ir al norte fue al sur
creyó que el trigo era agua
creyó que el mar era el cielo
que la noche la mañana…
que las estrellas rocío
que la calor la nevada
que tu falda era su blusa
que tu corazón su casa…
ella se durmió en la orilla tù, en la cumbre de una rama. 
(Trad.) 
Si sbagliò la colomba/ si sbagliava/  per andare verso nord andò a sud/  credette che il grano fosse l’acqua/  credette che il mare fosse il cielo/  che la notte il mattino… / che le stelle rugiada/  che il caldo la nevicata/  che la sua gonna fosse la sua blusa/  che il tuo cuore la sua casa… / ella s’addormentò sulla spiaggia/  tu, nella cima di un ramo.



Radici-terra/ sogno-cielo; luce e ombra; verde-arancio-turchese; sole e luna; amore - passione/morte-desiderio...Y ¡Viva la vida, siempre!
╰☆╮
Arte e pittura
" Autoritratto al confine tra Messico e Stati Uniti", di Frida Kahlo (1937)

Olio su piastra di rame, cm 31,7 x 35 

Collezione Privata © Banco de México 

Diego Rivera & Frida Kahlo Museums Trust, 

México

venerdì 25 luglio 2014

Quanto dura un desiderio? Wishlist e altre baraonde inconcluse... ╰☆╮

Sulla soglia della durata discrezionale di una continuità:"Quanto dura un desiderio?"


 La strana storia di un braccialetto anarchico, in viaggio  per il mondo.

"[...]Io vedo l'avvenire. 

È là, posato sulla strada, appena un po' più pallido del presente. 

Che bisogno ha di realizzarsi? 

Che cosa ci guadagna?

La vecchia s'allontana zoppicando, si ferma, si tira su una ciocca grigia che le sfugge dal fazzoletto. Cammina, era là, ora è qui... non so più come sia: li vedo, i suoi gesti, o li prevedo? 

Non distinguo più il presente dal futuro, e tuttavia la cosa continua, si realizza a poco a poco; la vecchia avanza per la via deserta, sposta le sue grosse scarpe da uomo. Questo è il tempo, né più né meno che il tempo, giunge lentamente all'esistenza, si fa attendere, e quando viene si è stomacati perché ci si accorge che era già lì da un pezzo." 

J-P. Sartre, da "La Nausea".


Desiderio: istante che si accende di aspettativa; brama del volere cieco e irrazionale, che spinge con forza schiacciante, che preme e sommerge, avvolge e avvinghia, imprigiona. 
Desiderio: racconto mitologico di monete d'oro e di pentole alla fine di magici arcobaleni, custodite da folletti ruffiani e dispettosi; fiabesche bacchette stellate tra nasi allungati e gambe accorciate, tra zucche carrozzate e topini cocchierati; tre nodi stretti intorno ad un bracciale nel polso.

Con lo sguardo rivolto alle stelle, si desidera il desiderio desiderato o, piuttosto, si desidera di desiderare ciò che si desidera, lungo il filo continuo della collana del tempo, che fissa nella durata il suo ripresentarsi stabile?

Non si desidera, forse, di accarezzare il pensiero di qualcosa da raggiungere, con il salvacondotto di  non veder del tutto realizzato ciò che si dice di desiderare?
Che cosa rimane, di un desiderio esaudito, se non l'esaurimento di ogni brivido di aspettativa che per riaccendersi necessita di una nuova richiesta, di un rinnovato desiderare, di un' attenzione traslata su una nuova rotta?
Quanto dura un desiderio? 
╰☆╮


Pearl Jam: Wishlist

I wish I was a neutron bomb, for once I could go off
I wish I was a sacrifice but somehow still lived on
I wish I was a sentimental ornament you hung on
The christmas tree, I wish I was the star that went on top
I wish I was the evidence, I wish I was the grounds
For 50 million hands upraised and open toward the sky

I wish I was a sailor with someone who waited for me
I wish I was as fortunate, as fortunate as me
I wish I was a messenger and all the news was good
I wish I was the full moon shining off a camaro's hood

I wish I was an alien at home behind the sun
I wish I was the souvenir you kept your house key on
I wish I was the pedal brake that you depended on
I wish I was the verb to trust and never let you down

I wish I was a radio song, the one that you turned up

I wish...









╰☆╮

domenica 20 luglio 2014

Piccoli racconti felici: 2. Con i piedi penzoloni nel vuoto.

Nel Regno della fantasia, con un piccolo drago trasportatore: lungo la rotta dell'altezza, sul bordo del vuoto. In un battito di ciglia.


Trolltunga (lingua del troll): roccia sporgente.   a  700 metri 
sul lago Ringedalsvatnet,  Skjeggedal presso Odda, in Norvegia.
A piedi  stivalati nel vuoto, dall'alto della lingua di roccia, osservo assorta la distesa di orizzonte aperto, intorno a me.

Saluto con un battito di ciglia il draghetto trasportatore e constato come i mezzi di trasporto, in questo regno, siano davvero efficienti: è sufficiente un battito di ciglia, ed hoplà, il draghetto arriva, ti sballotta in sella e, via, ti ritrovi a destinazione. E' una grande fortuna, che  basti un battito di ciglia! 

Se avessi dovuto fischiare, per esempio, non avrei mai potuto usare il servizio di trasporto draghettale: non sono capace di fischiare! 
Invece, battere le ciglia è una facoltà insita nell' Umanità. 
Abbassare e sollevare le palpebre permette allo sguardo di distogliere l'attenzione da ciò che ci  circonda, per ritrovare di nuovo tutto lì. 
Abbassare e sollevare le palpebre è l'artificio che la mente usa per radicarsi alla concretezza di ciò che vede, dopo averla fatta oscillare. 
È un movimento infinitesimale, così ricorrente e assodato, abituale e fisiologico, che quasi non ne abbiamo più la percezione.


Quanti battiti di ciglia al giorno, producono gli occhi?! 


Di sicuro qualche  blasonata università, inglese o americana, avrà fatto una ricerca con analisi scientifiche, in merito. Ne sono certa!
Me l'immagino, la camera di osservazione, con le pareti bianche e una grande vetrata, dietro alla quale omini in camice bianco registrano le reazioni delle cavie, con piccole placchette bianche di carta velina adesiva, attaccate agli occhi.
Nella stanza delle cavie, la luce è sempre bianca, le pareti sono bianche, il pavimento: bianco. 
C'è una piccola cavia dispettosa, nella stanza delle cavie, che osserva incuriosita le altre cavie, tutte vestite di bianco. 
E abbassa e solleva le palpebre, la piccola cavia curiosa. E ogni volta che si distacca, per quell'attimo infinitesimale, dalla realtà che la circonda, spera di non ritrovarla di nuovo lì, così uguale a se stessa, ripetitiva e monotona. 
E abbassa e solleva le palpebre: bianco! 
E abbassa e solleva le palpebre, concentrandosi ora sul movimento; regolandolo; togliendogli spontaneità: bianco!
E così, la piccola cavia inizia ad annoiarsi.
I battiti di ciglia diventano sempre meno frequenti, sino a risolversi in una saracinesca di sguardo chiuso.
Le palpebre abbassate sono una solida difesa, contro una prigione che si ripete in una sequenza che non cambia mai. 

Il battito di ciglia è l'ebbrezza di mettere in dubbio ciò che ci circonda, con la radicale speranza che la realtà possa sempre aprirsi a nuove realtà possibili.
Il battito di ciglia è la scintilla che accende un nuovo orizzonte di possibilità, con la sottile aspettativa che la realtà possa convertirsi nel suo plurale di molteplici rappresentazioni.

Il battito di ciglia è l'intermediazione sistemica di una relazione biunivoca, tra il mondo  e la mente, che ci permette di accarezzare la meraviglia di ciò che ci coglie all'improvviso. 


E con un battito di ciglia, sospiro, porto le ginocchia al petto e richiamo il draghetto trasportatore.

Mentre aspetto che ritorni a portarmi via, respiro profondamente, lasciando vagare lo sguardo, senza abbassare e sollevare le palpebre e mi riempio la mente di questa immaginifica realtà.

╰☆╮

venerdì 18 luglio 2014

Piccoli racconti felici 1: "Sulla tristezza e le opportunità".

Un' opportunità mancata, un'opportunità trasformata:  sotto un fuoco artificiale di stelle, "Luminara" pisana.

Pisa, Lungarno: "Luminara di San Ranieri", 16 giugno 2014



Dall'alto della Torre, osservo pensosa questo cielo coperto di grigio. Lascio vagare lo sguardo e non sento più i pensieri: la mente ovattata da una salvifica sospensione di giudizio.

Se dovessi attaccare un'etichetta a questa sensazione, la chiamerei "Tristezza".
È una strana emozione, la tristezza: toglie vigore ed energia, infiacchisce lo spirito.


La tristezza è un non-colore vacuo; un sassolino che precipita, nel profondo del pozzo e non lascia che un lontano reflusso di poche gocce, che rimbalzano nell'aria.

La tristezza è un non-sapore spento; un purè di zucchine scialbo e melmoso, che fa danzare tentatrice la falce della fame.
La tristezza è un non-sentire stanco; un ritorno a casa dopo una giornata di lavoro, su un treno lento, con la testa appoggiata ad una mano e lo sguardo perso, fuori dal finestrino.

Un' insolita compagna di viaggio, la tristezza.

Distesa in una camera antica, osservo il soffitto e realizzo di avere lo stomaco chiuso e vuoto, improponibilmente vuoto, da un numero inaudito di ore, quasi giorni.

Ha un opinabile sistema di risparmio energetico, il corpo umano: in piena fase-triste, minimizza le azioni vitali. Il metabolismo basale ridotto ai minimi termini scatena un vortice, nel quale più sei triste, meno hai energie; meno hai voglia di fare, più aumenta la tristezza. Ma nella conta dei più e dei meno, alla fine tutto si riduce al sillogismo: "Più sei triste, meno mangi. Meno mangi, più ti indebolisci. Più ti indebolisci, più sei triste".

E a questo punto, un bel salto sul letto è la più ovvia delle reazioni: eh no, eh! Non sia mai che mi pieghi a questa assurda analogia della tristezza per la tristezza.




La cura è sempre un prendersi cura di sé: un bicchiere di buon vino, ma soprattutto un dolce che mi riappacifichi con me stessa, una delizia di cialda biscottata con gelato allo zafferano, fragoline di bosco e riduzione di cioccolato fondente. Ecco, con questa libidine di gusto che esplode in miriadi di frecce colorate, dalla lingua alla gola, dalla gola allo stomaco, dallo stomaco al cervello che schiarisce gli occhi e incurva un sorriso, la tristezza ha perso irrimediabilmente la sua battaglia!


Esco per strada e respiro di nuovo, mi guardo intorno curiosa, mi immergo in questa fiumana di gente e di lumini che incorniciano i perimetri delle case, disegnando finestre e cornicioni.

Il Lungarno è un acquerello notturno che si specchia su se stesso.

Sorrido. E anche il cielo mostra il meglio di sé.

E sotto un cielo di stelle e di fuochi, la tristezza perde irrimediabilmente la guerra!

Quando si viaggia, bisogna sempre essere pronti a cambiare il proprio bagaglio, sostituendo le aspettative di partenza con le opportunità di arrivo.
Ciò che conta è andare: aprire un orizzonte, accendendo una possibilità e accettando di spegnere tutte le altre, in questa continua apertura del possibile, che chiamiamo mondo.

... E mi risveglio da un sonno di rappresentazioni catalettiche, con ancora forti immagini oniriche da elaborare e il pensiero di chiudere dentro una scatola tutto quello che non comprendo o, anche, che comprendo ma non condivido: atteggiamenti ambigui, parole sospese, silenzi pesanti, decisioni subite.
Faccio un bel fiocco di tulle ed organza turchese e ripongo la scatola nello scaffale in alto, di fianco alla finestra con gli scuri semiaperti e la tendina di lino, orlata a punto giorno, nel corridoio centrale della "Stanza del Sospira e Lascia Andare".
Un' opportunità mancata è pur sempre un' opportunità ... Così è la vita!


  Sollevo lo sguardo su questi incroci di fuochi d'artificio nel cielo stellato, ricordando un doppio arcobaleno e sorrido. 

Buon risveglio a me!


╰☆╮



mercoledì 16 luglio 2014

La musica, tra le tende di lino dei ricordi.╰☆╮

╰☆╮... E la musica che scompagina i pensieri. 

Sollevo lo sguardo e il movimento delle tende di lino, bordate a punto giorno, della mia stanza dei ricordi, mi fa sorridere.  Ciò che rimane, degli incontri della vita, sono buone tracce da riporre in ampolle colorate, negli scaffali delle note positive. Ed ogni tanto le si apre, quelle ampolle colorate. Molto più spesso ci afferrano, animandosi di volontà propria e richiamandoci in un corridoio che non percorrevamo da tempo. 

Sempre una bella emozione, la musica!



domenica 13 luglio 2014

Kandinsky e l'approccio musicale all'Arte visiva.

Riflessioni in leggerezza.Sull' Uomo, il Volo, l'Infinito e la Libertà: sospensioni e altre "amebe" micro-organiche, in punta d'acquerello.

«Vidi nella mente tutti i miei colori, erano davanti ai miei occhi; linee tumultuose quasi folli si disegnavano davanti a me».

" Pittura con tre macchie'' n. 196, W. Kandinskij (1914)
Olio su tela (121x111 cm) Collezione Thyssen- Bornemiska,
Madrid

Così V. Kandinskij, nell'opera ''Lo spirituale nell'Arte"(1920), prova a descrivere a parole il turbinio di spirali che si accendono come impulsi luminosi, nelle stanze della mente. Prerogativa dell'essere umano è quella della rappresentazione di concetti, che altrimenti vagherebbero come raggi lanciati da pianeti orbitanti, in costellazioni lontane. Vi è, ad un certo punto, quasi una viscerale necessità di materializzare, concretizzare, esporre e manifestare i demoni che abitano l'immaginario. 

E accade che gli occhi della mente recepiscano colori che gli occhi sensoriali afferrano distratti, e dalla mente alla tela, dalla mente allo spartito, dalla mente alla pagina, il virtuale, inteso come ciò che è in potenza, in virtus, in forza di possibilità d'essere, si attualizza.

E rimaniamo lì, stupiti e sorpresi, meravigliati e confusi dall'estro umano che crea l'opera d'arte. Lì, in quello spazio non-spazio di un tempo svuotato di scansione, colmiamo la distanza tra noi e le emozioni. 
Di fronte ad un' opera d'arte dell'uomo, sospendiamo ogni giudizio, ogni minuziosa ricerca del verosimile e del significato e gravitiamo, in assenza di peso, nei labirinti del nostro sentire ciò che vediamo, come se ascoltassimo.


'' Dipinto blu'', V. Kandinskij. 1924.
Solomon R. Guggenheim Museum, New York, Donazione, Fuller Foundation.
« L’azzurro è simile ad un flauto, il blu scuro somiglia ad un violoncello e, diventando sempre più cupo, ai suoni meravigliosi del contrabbasso; nella sua forma profonda, solenne, il suono del blu è paragonabile ai toni gravi dell’organo. L’azzurro è il colore del cielo. Quando è intenso suggerisce quiete, quando tende al nero è drammatico.» (V.K)

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sabato 12 luglio 2014

Ed eccomi qui!╰☆╮

Arte
"Notte stellata'', V. Van Gogh,1889 - Olio su tela 72 x 92. Museo Arte Moderna, New York
Ed eccomi qui! 
Atto di presenza che certifica il passaggio: ''Eccomi'', qui e ora, in procinto di lasciare una traccia dei miei pensieri arzigogolati.
''Eccomi'', che risponde ad una chiamata: movimento ovattato da stravagante torsione di una qualche voce. 
''Eccomi'', come a dire: ci sono, sono qui e sobbalzo di scatto, per segnalare la presenza.
Da tempo, sollecitata da cari amici abbagliati da benevolo affetto, mi riproponevo di crearlo, un blog. 
Da solerte scribacchina portabandiera del  #cartapennaecalamaio, mi diverto a blandire la tecnologia litigiosa, valorizzandone la parte utile: la velocità e fruibilità nella nuova era della comunicazione.
E come non parlare della meraviglia del nuovo linguaggio, in questa nuova babele di miscellanee e contaminazioni, dove ipotetici tecnodroidi, fondendo carne e macchina, sangue e circuiti, cellule e pixel, in collegamenti interfacciali, generano un' unica, immensa Rete di pensieri, sentimenti, relazioni e condivisioni?!
Parola d'ordine: a mio modo, con i miei tempi!
Tanto alla fine, TUTTO TORNA!
Ci puoi girare intorno, dribblare, posticipare, sviare, applicare sana e salvifica #Epochè, mettere tra parentesi, procrastinare, non pensarci e andare avanti, ma tanto: TUTTO TORNA!
Le cose avviate, imbastite, sfiorate, censurate, snobbate, messe da parte, incrociate per finto caso, distrattamente o con eccesso di attenzione: TUTTO TORNA.
 E a me, questa cosa, garba molto, non lo nego affatto!
... Mi da quella briosa sensazione di elettrizzante LEGGEREZZA per la quale, poi, posso anche affermare, con assoluta cognizione di causa, che TUTTO PASSA! Merveilleux! 
Sino a sentirmi LEGGERA come quel famoso cinese in tunica bianca, immaginandomi appoggiata ad un bastone, mentre osservo l'acqua che scorre.
E così, inizia questo atto di fiducia, che ripongo nella tecnologia: fidatezza immediatamente mediata dal ricordare a me stessa come prerogativa del mezzo digitale sia la volatilità rapida e provvisoria, così come capricciosa e arbitraria, la probabilità che le parole scritte qui, non mantengano nessuna immanenza, ma basterebbe una qualche bizza del PC, per cancellare ogni singolo segno. 
Una sfida, questa tra me e la tecnologia. Ma le sfide, si sa, mi garbano!
E allora, buon divertimento  a me... e in bocca al lupo, a chi mi incrocerà. :-)
╰☆╮